Assessorato Servizi Educativi e Istituzioni scolastiche
Comitato scientifico del Settembre pedagogico

“PERCORSI DI EQUITÀ:
UNA PROPOSTA DI MIGLIORAMENTO PER LA SCUOLA GENOVESE”

relazione introduttiva di Paolo Cortigiani

“ la giustizia è la prima virtù delle istituzioni, così come la verità lo è dei sistemi di pensiero. Una teoria, per quanto semplice ed elegante, deve essere abbandonata o modificata se non è vera. Allo stesso modo, leggi e istituzioni, non importa quanto efficienti e ben congegnate, devono essere riformate o abolite se sono ingiuste.”  (J. Rawls “Una teoria della giustizia”)
Rawls apre con questa frase la sua monumentale opera sulla giustizia intesa come equità rivendicando la priorità della giustizia/equità sull’efficienza. Esprime bene  il motivo di fondo che ha fatto scegliere al CSSP il tema dell’equità. Vogliamo contribuire ad un PASSAGGIO CONCETTUALE E DI FASE : allargare il concetto di qualità della scuola, che dagli anni ‘80 è stato inteso in termini di efficienza ed efficacia, includendovi prioritariamente l’equità.
Nella  prima parte della relazione  proporrò una mappa delle teorie dell’ equità, nella seconda parte presenterò le linee del Progetto..
Una precisazione lessicale e concettuale: con Rawls  considero giustizia ed equità sinonimi, eguaglianza ed equità sono invece cose diverse. L’equità include eguaglianze e disuguaglianze ritenute giuste, ma anche libertà, risorse, inclusione. Cercherò di inquadrare il tema dell’equità, ma non mi occuperò dello stato delle disuguaglianze perché richiederebbe una relazione a parte. L’approccio della relazione è etico-politico, non sociologico.

PARTE PRIMA: LE TEORIE SULL’ EQUITA’

Che cosa è l’equità ? L’ equità è una situazione conforme a principi di giustizia quindi ha una pluralità significati perché diversi sono le teorie e i criteri di giustizia sia a livello “scientifico” (filosofia morale e politica) sia a livello di “senso comune”. Ne presenterò un repertorio, per inquadrare il tema e per formare una “cassetta degli attrezzi” che possa essere utile nel lavoro di autoanalisi e progettazione che proponiamo alle scuole.
Come tutte le classificazioni anche la seguente è discutibile in quanto una delle tante possibili.
Nei pochi minuti a disposizione dovrò volare sul territorio dell’equità, provocando un inevitabile effetto “Bignami, ma per chi volesse approfondire propongo una bibliografia in appendice alla relazione.
Le considerazioni sull’equità sono riferite ai cittadini utenti della scuola, non i cittadini operatori della scuola, anche se non è difficile adattare e integrare le teorie dell’equità sui secondi.
Con grande difficoltà e dubbi risultati ho provato ad interpretare il ruolo di “osservatore imparziale” di teorie etiche e politiche diverse, alcune delle quali anche contrapposte.

1. equità/giustizia come “rispetto degli impegni e delle promesse istituzionali”. è la definizione di giustizia più “popolare” e attinente all’etimologia della parola: iustitia deriva da ius, il diritto, e da iussum, ciò che è disposto dal legislatore. Indubbiamente questo è un significato primario non esaustivo dell’idea di giustizia, ma da cui non si può prescindere.
Per la scuola significa tenere sempre conto delle finalità attribuite alle scuole pubbliche, dalla Convenzione internazionale  dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, ratificata nel 1992 dal Parlamento italiano, alla Costituzione, alle Leggi istitutive degli ordinamenti. In un senso più allargato possiamo considerare come giusta quella scuola che “mantiene gli impegni e le promesse” espresse nei propri documenti di Progetto, dal POF alle programmazioni didattiche dei docenti.
Il criterio di giustizia/equità è: a ciascuno i diritti istituiti dalla Legge.
Le domande: la scuola mantiene gli impegni dichiarati ? la scuola rispetta le Leggi e le Norme che la istituiscono ?

2. equità come “riconoscimento del merito”. È la visione liberale della giustizia, per cui è essenziale premiare i meriti conseguiti al termine della “gara” sociale, e scolastica.. La mobilità sociale verso l’alto rappresenta il premio e l’incentivo alle prestazioni. La funzione principale attribuita alla scuola è quindi la selezione di elite di eccellenza. Per l’equità meritocratica ciò che conta è l’apertura a tutti della gara; la disuguaglianza degli esiti è ritenuta equa in quanto risultato delle diverse capacità (talento e impegno) e delle diverse scelte di vita. Le azioni redistributive di correzione delle disuguaglianze finali sono viste negativamente in quanto mortificanti dei meriti (eticamente inique) e demotivanti a produrre nuovi risultati (negative per l’efficienza). Il merito è il risultato conseguito, indipendentemente dalle variabili che possano averlo determinato, basta che sia ottenuto in modo legale e “onesto”.
Per la scuola significa valutare i risultati scolastici ottenuti senza farsi condizionare da altre considerazioni se non quelle relative alla legittimità del modo di conseguirli (per esempio “senza copiare” da altri) e costruire un clima competitivo e un sistema  premiante i migliori talenti.
Il criterio di giustizia/equità è: a ciascuno secondo il risultato conseguito
Le domande: la scuola riconosce e valorizza i meriti ?

3. equità come “eguaglianza di opportunità”. Nasce dal tentativo di correggere la visione precedente. L’apertura degli accessi non basta. Nella stessa area liberale la parte meno elitaria e più democratica ha  riconosciuto  come punto critico di questa visione la differenza dei punti di partenza, e quindi il carattere assai poco “sportivo” della gara, il cui esito risulta “truccato” dalle contingenze sociali e naturali. Rispetto al punto 2 la dotazione sociale non è considerata come merito. Ma alcuni non considerano merito pertinente nemmeno la dotazione genetica, per esempio l’intelligenza, la quale, in quanto determinata dal caso, non può essere addebitata alla responsabilità della persona (“l’intelligenza, come la bellezza, è pura fortuna, risultato casuale della lotteria genetica” – John Rawls)
Nella scuola ha ispirato a livello macroistitutzionale le politiche di “educazione prioritaria”, dalle Z.e.p. francesi, alle E.p.a inglesi,  alle italiane “aree a rischio” e ad alto tasso di immigrazione, a livello di istituto interventi didattici “compensativi” dello svantaggio sociale di partenza.
Il criterio di giustizia/equità è: a ciascuno secondo il risultato conseguito da eguali punti di partenza
Le domande: la scuola offre eguali opportunità ? la scuola realizza azioni efficaci di decondizionamento sociale ?

4. equità come “soddisfazione delle preferenze del consumatore/utente/cliente”. Il riferimento teorico è all’etica utilitarista attenta alle conseguenze delle azioni sul benessere del maggior numero possibile di persone. L’etica utilitarista considera sbagliato, in quanto paternalistico e poco rispettoso dell’autonomia delle persone, entrare nel merito delle preferenze, l’individuo è il giudice ultimo di ciò che è bene per sé. Dal punto di vista scolastico questo approccio sposta l’attenzione sulle domande e sulle attese delle famiglie. Nella sua versione “debole” ispira  le impostazioni di “customer satisfation”, di ascolto e considerazione delle percezioni e dei giudizi del cliente/utente, nella sua versione più radicale le politiche di “Stato minimo” e di privatizzazione della scuola finalizzate a restituire alle famiglie e/o alle comunità (religiose, nazionali, etniche…) la funzione di educare, da cui lo Stato le ha espropriate nella fase storica di formazione degli Stati Nazionali.
Il criterio di giustizia/equità è: a ciascuno secondo le sue preferenze
Le domande: la scuola soddisfa gli utenti/clienti ? la scuola è attenta alle opinioni e percezioni dei propri utenti ?

5. equità come “eguaglianza dei risultati”. Il riferimento è il pensiero egualitario di varia matrice, comunista (Marx in primis, ma non solo), cristiana (correnti pauperiste e teologia della liberazione) e anche liberaldemocratica (Rawls e il suo principio di differenza che prevede la regola del “maximin”: massimizzazione delle posizioni minime, cioè dei più deboli). L’attenzione è sui meccanismi di produzione delle disuguaglianze, primaditutto nel sistema economico capitalista e poi anche nel sistema scolastico, ritenuti ingiusti e da trasformare. L’eguaglianza delle opportunità e  dei diritti non è ritenuta sufficiente perché “formale” ed eticamente ipocrita. L’equità deve perseguire l’eguaglianza “sostanziale” sul piano economico, sociale, formativo.
Per quanto riguarda la scuola ha ispirato politiche di diffusione della scuola dell’infanzia, del tempo pieno, di unitarietà del curricolo, di discriminazione positiva al fine di contrastare le disuguaglianze di risultati, di integrazione degli alunni “diversi” (portatori di handicap, ospedalizzati, in carcere…)
Il criterio di giustizia/equità è: a ciascuno eguali risultati
Le domande: la scuola produce eguaglianza di risultati ? o almeno, riduce le disuguaglianze di partenza ?

6. equità come “sviluppo delle capacità di cittadinanza”. La sottolineatura è sul concetto di “capacità” nello sviluppo umano. Il principale riferimento è l’economista Amartya Sen, ispiratore del Programma di sviluppo delle Nazioni Unite. Lo sviluppo umano non è misurato solo da indicatori economici, ma anche da indicatori di “qualità della vita” tra cui i livelli di istruzione, dimostrando che a parità di reddito si accede a diversi gradi di possibilità di vita a seconda della situazione politica, sanitaria, scolastica dei diversi Paesi. Non si nega l’importanza della distribuzione delle risorse attribuite con politiche di “discriminazione positiva”, ma si focalizza l’attenzione sulla capacità di convertire le risorse in effettive libertà di scelta o potenzialità di vita (“capabilities”). Elemento chiave di questa posizione è il concetto di “soglia di inclusione nella cittadinanza”
Scopo primario è contrastare l’esclusione e potenziare i processi di inclusione, il rispetto di sé, la partecipazione alla vita della propria comunità.
Questo approccio impegna la scuola, come sistema e come singolo istituto, a individuare una soglia minima di competenze di cittadinanza e misurarne il raggiungimento.  Impegna inoltre ad utilizzare in modo mirato ed efficace eventuali risorse assegnate a fini compensativi.
Il criterio di giustizia/equità è: a ciascuno almeno una soglia minima di competenze di cittadinanza
Le domande: la scuola garantisce le capacità di cittadinanza ?

7. equità come “consolidamento delle appartenenze comunitarie”. Nel discorso sull’equità irrompe il tema delle migrazioni e più in generale l’assetto sempre più plurale e incerto, “liquido”, delle nostre vite e delle nostre identità, che genera una rinnovata “voglia di comunità”. Se le politiche assimilazioniste chiedono l’omologazione alla cultura del Paese ospitante, e l’approccio interculturale tende a costruire spazi di relazione e di confronto ravvicinato tra le molteplici appartenenze di ogni persona, l’approccio comunitario e multiculturale ricerca la separatezza come via per coltivare le differenze e la specifica identità di ogni gruppo. Alle concezioni dell’equità dei punti precedenti era sottesa l’idea di equità tra individui; l’approccio multiculturale, invece, pone un problema di equità tra comunità nella distribuzione di diritti, opportunità, risorse.
Nella sua versione radicale chiede la differenziazione tra scuole come unico modo di salvaguardare e approfondire le proprie tradizione culturali; nella sua versione più moderata chiede, all’interno della scuola pubblica, politiche e decisioni tese a riconoscere e valorizzare le “culture” di gruppi di alunni.
Il criterio di giustizia/equità è:a ciascuna comunità eguali risorse, opportunità e diritti,  a ciascun gruppo il riconoscimento della propria cultura
Le domande: la scuola è luogo di riconoscimento e costruzione della appartenenza alla propria comunità ?

8. equità come “possibilità di esprimere sé stessi ed essere felici”. Il riferimento è il pensiero pedagogico “libertario” che attribuisce alla scuola una funzione “espressiva” e “disinteressata” e che ne rifiuta una funzione “strumentale”, subalterna alle esigenze ora dello Stato (di formazione del cittadino), ora delle imprese (di formazione del lavoratore), ora delle comunità di appartenenza (di conservazione delle differenze e delle tradizioni). Il bambino non può essere “ridotto” al futuro cittadino-lavoratore, ha bisogni più larghi e più complessi che coinvolgono certamente la dimensione cognitiva,  ma anche le dimensioni affettiva, corporea, estetica poco o nulla riconosciute da curricoli scolastici che hanno selezionato i saperi e organizzato orari e contesti in funzione delle richieste della politica e dell’economia. Lo scopo primario dell’educazione è la felicità (dalla radice indoeuropea “fe”, il cui senso primario è fecondità, il piacere di crescere) intesa non in senso banalmente edonistico ma come espansione del sé, attribuzione di senso alle attività, costruzione di significati personali propri di ogni età. Riccardo Massa ha scritto: “… (nella scuola) ci devono essere le condizioni perché il bambino sia felice qui ed ora… sacrificare il suo presente al futuro è inutile e disumano…”. La formazione non può ridursi ad essere “preparazione” alla vita futura, ma deve essere in sé un momento significativo e felice in ogni fase della vita, nell’infanzia, nell’adolescenza, da adulti..
La nozione di felicità è cruciale:
a) sia per rilanciare una autonoma progettualità pedagogica sui curricoli , dopo anni di riforme che hanno privilegiato i  versanti delle architetture ordinamentali e del personale; laddove ripensare i curricoli significa ri-gerarchizzare i saperi, trasformare le modalità di insegnamento/apprendimento, adeguare tempi  e spazi delle nostre scuole. 
b) sia per l’equità, perché una scuola è equa se primadituto rispetta le “diverse intelligenze” dei bambini e degli adolescenti offrendo loro le opportunità per esprimerli.
Il criterio di giustizia/equità è: a ciascuno la possibilità di esprimere le proprie potenzialità
Le domande: la scuola offre un curricolo che consente al bambino di stare a scuola non solo con la mente ma anche con il corpo, l’affettività, la sensibilità estetica ?

L’equità è quindi una complessa costellazione di significati, dove trovano posto stelle diverse come meriti, bisogni, diritti, opportunità, individui e comunità… con armonie e conflitti.
All’interno di questa costellazione dovremo muoverci durante la realizzazione del Progetto che ora passo a presentarvi. Auspicabile è un agire comunicativo orientato all’intesa e al dialogo; laddove questo non sarà possibile dovremo fare scelte e prendere parte.

PARTE SECONDA: LE SCUOLE COME LABORATORI RIFLESSIVI
E DI MIGLIORAMENTO DELLE PRATICHE DI EQUITA’

PREMESSA
Il rapporto “G.E.R.E.S.E.” (Gruppo Europeo di Ricerca sull’Equità nei Sistemi Educativi) dell’Unione Europea  propone un sistema di 29 indicatori per valutare i livelli di equità dei sistemi scolastici nazionali ponendosi ad un livello macroistituzionale, di servizio ai decisori politici nazionali e regionali.
Noi intendiamo portare la ricerca e l’intervento a livello di singolo istituto, nella consapevolezza che nelle scuole vi siano pratiche che hanno effetti importanti sull’equità.
In un sistema di “governance”, in cui la decisionalità è un processo complesso di integrazione e negoziazione tra una pluralità di soggetti istituzionali, di livelli e di autonomie, le scuole autonome sono luogo di decisione, sia in termini di interpretazione e adattamento di decisioni politiche di livello superiore, sia in termini di produzione di una decisionalità propria, risultato di processi di negoziazione e mediazione tra opinioni e scopi diversi.
l’equità quindi si fa a più livelli, a livello macropolitico e a livello di micropolitiche d’istituto.
Da queste considerazioni è nata l’idea di coinvolgere le scuole in un lavoro di riflessione e miglioramento sulle pratiche “sensibili” all’equità, il PROGETTO “PERCORSI DI EQUITÀ: UNA PROPOSTA DI MIGLIORAMENTO PER LA SCUOLA GENOVESE”, nella convinzione che le scuole non sono scatole nere dove avvengono cose che appartengono al mondo della necessità, inevitabili, ma che le pratiche sono modificabili, progettabili, appartengono al mondo dell’intenzione.
Qui ne abbozzerò le linee generali. Il Convegno di oggi è un momento di proposta ma anche di ascolto, pertanto dai contributi che verranno oggi, dalla tavola rotonda e dai gruppi pomeridiani, arriveremo a una formulazione definitiva del progetto che faremo pervenire alle scuole genovesi.

I RISULTATI ATTESI DEL PROGETTO:
Proponiamo alle scuole un lavoro di autoanalisi e riflessione critica sulle pratiche “sensibili” all’equità realizzando un processo di ricerca, formazione e innovazione.
Destinatari sono i docenti e i dirigenti come professionisti riflessivi.
Offriamo una opportunità di sviluppo professionale e organizzativo su un tema deontologicamente significativo per l’etica professionale dei docenti e strategico per le decisioni istituzionali degli organi collegiali e di direzione.
I risultati attesi:
1. far emergere le teorie “popolari”, il “senso comune” sull’equità sottostanti alle pratiche professionali e organizzative esistenti.
2. rilevare le opinioni e gli ideali di giustizia degli operatori, dei genitori e dei bambini
3. definire un progetto di miglioramento dei livelli di equità riprogettando alcune delle pratiche individuate come più inique alla luce delle scelte di equità esplicitate e dichiarate.
4. formulare indicatori di equità a livello di singolo istituto scolastico che consentano di valutare gli esiti delle nuove azioni riprogettate

LE PRATICHE SENSIBILI ALL’EQUITA’

Sarà compito delle scuole individuare le pratiche che ritengono più implicate nella determinazione dell’equità e “interrogarle”, facendole uscire dalla muta immediatezza della routine e producendo conoscenza e progettualità migliorativa. A titolo di esempio posso suggerirne alcune:

I contesti di apprendimento: le modalità di insegnamento/apprendimento e i contesti di apprendimento allestiti hanno una rilevanza centrale sull’equità. La scuola offre contesti di apprendimento diversificati (disciplinari e interdisciplinari, frontali/trasmissivi e laboratoriali/costruttivi, individuali e cooperativi…) per dare egualii opportunità di espressione ai diversi stili cognitivi, relazionali e di apprendimento ?
la costruzione dell’immagine:  in una situazione di liberalizzazione della scelta della scuola l’autonomia scolastica vissuta in termini competitivi ha determinato una accelerazione dei processi di polarizzazione e segregazione sociale, etnica e scolastica tra le scuole. Diventa quindi decisivo il modo di proporsi e di “posizionarsi” delle scuole: scuola elitaria, scuola assistenziale, scuola accogliente ed efficace per tutti.  La scuola si progetta e si propone agli utenti accogliente ed efficace per tutti, con particolare attenzione e cura alle situazioni di svantaggio, come luogo di relazione interculturale oppure offre una immagine elitaria presentandosi come luogo di cristallizzazione delle appartenenze sociali ed etniche ?
La formulazione del POF: nel Pof è dichiarato il fine istituzionale dell’equità ? sono indicate le strategie per raggiungerlo ? nel  pof sono riconoscibili le  finalità indicate dalla legislazione fondante il nostro ordinamento ? il pof è formulato in modo da facilitare il controllo degli esiti effettivi dei risultati attesi ?
la formazione delle classi: la scuola forma gruppi di alunni eterogenei per abilità scolastiche e provenienza sociale e geografica o gruppi omogenei ? sono prioritarie le preferenze delle famiglie, la costruzione di opportunità eguali, il riconoscimento di appartenenze sociali o comunitarie ?
I climi di classe e d’istituto: Sappiamo per esempio che la “tolleranza per l’ambiente-scuola” è molto più facile per ragazzi provenienti dalla classe medioalta, per continuità di stili cognitivi, relazionali e di comportamento e perché supportata da forti aspirazioni sociali e professionali dei genitori. Le caratteristiche dell’interazione sociale, tra alunni e docenti, tra alunni, sono oggetto di riflessione e progettazione o lasciate al loro sviluppo spontaneo ?.
Il sistema di valutazione: la scuola ha un sistema omogeneo e strutturato di rilevazione del grado di raggiungimento delle competenze di base ? la scuola valuta  le competenze degli alunni sulla base di compiti reali ? valuta sulla base delle capacità di partenza di ciascuno ? in generale il sistema di valutazione ha uno scopo premiante/punitivo o uno scopo formativo, di regolazione del curricolo ?
Il sistema di comunicazione: la scuola ha un sistema stabile e strutturato di ascolto e rilevazione delle opinioni e del gradimento degli alunni e delle famiglie ?
L’ampliamento dell’offerta formativa: ricolto a tutti gli alunni o solo ad una parte ? a quale parte: alla più svantaggiata o prevalentemente a pagamento e quindi alla parte più avvantaggiata?

Gli indicatori possono iniziare a uscire dai lavori di gruppo del pomeriggio, poi ci lavoreranno le scuole che aderiranno al progetto. Ritengo necessario il supporto dell’Università su questo terreno perché formulare un indicatore che funzioni richiede competenze non banali.


LE SCUOLE COME LABORATORI RIFLESSIVI SULL’EQUITA’

Il concetto di “laboratorio riflessivo” merita un approfondimento. Che cosa significa “riflettere” in contesto ?:

1. esplicitare il sapere implicito, “tacito”, incorporato nelle azioni: dimensione  esplicativa della riflessione. Ricognizione “descrittiva”delle pratiche organizzative e didattiche, di classe e d’istituto, al fine di esplicitare pre-concetti e pre-giudizi che sottostanno e condizionano tacitamente gli esiti di equità.
2. criticare le pratiche ritenute inique: dimensione critica della riflessione. Dopo avere esplicitato le teorie “tacite”, queste smettono di essere considerate come dati “naturali” e vengono sottoposte al vaglio critico di teorie scelte in quanto più eque al termine di una discussione razionale e pubblica.
3. impostare e risolvere problemi: dimensione euristica e pragmatica della riflessione. Definito il quadro etico di riferimento si procederà alla riprogettazione di una o più pratiche, scelte dal gruppo di ricerca, con l’obiettivo di migliorarne gli esiti in termini di equità. Insieme si dovranno individuare gli indicatori ritenuti utili a valutare il gradi di raggiungimento degli obiettivi di equità.
4. gestire la complessità: dimensione complessa della riflessione. Una riflessione “situata”, condotta in un contesto professionale e organizzativo, assume inevitabilmente caratteristiche di complessità quali l’apertura e la correlazione dei concetti via via emergenti, il dialogo e la contaminazione tra teorie diverse e spesso conflittuali, la rielaborazione ricorsiva delle conclusioni della ricerca e della progettazione, il rapporto sistemico tra il tutto e le parti.

da Luigina Mortari - “Apprendere dall’esperienza” Carocci editore: “Educare significa essere implicati in un agire ad alto tasso di problematicità, un agire in situazioni per cui non è disponibile una risposta predisposta; la soluzione va trovata con un processo di pensiero contestuale e quindi ogni volta unico, incerto, difficile da incorniciare e interpretare, implicante spesso conflitti di valore tra i soggetti coinvolti. L’esperienza educativa eccede sempre la teoria”

IL PERCORSO :

 Presentazione del percorso alle scuole (01.2007)
 Formulazione definitiva del Progetto e adesione delle scuole (02.2007)
 I “laboratori di riflessione sull’equità” nelle scuole elaborano Progetti di miglioramento (03 – 06.2007)Inserimento dei progetti nei Piani dell’Offerta Formativa delle singole Istituzioni (singole o in rete) per finanziamento regionale ai sensi della L.R. 15/06 (06.2007)
 Presentazione da parte delle Istituzioni Scolastiche di azioni migliorative nell’ambito del Settembre Pedagogico 2007 (09.2007)
 Intervento da parte di Fondazioni a sostegno del processo cittadino con erogazione di finanziamenti alla Civica Amministrazione (10.2007)

SVILUPPO PROFESSIONALE, ORGANIZZATIVO E INNOVAZIONE LEGGERA

Un percorso di sviluppo professionale e di autoformazione, di sviluppo organizzativo degli istituti scolastici e degli assetti territoriali di governo e della scuola ma anche di innovazione e di riforma “leggera” e “sostenibile”.
In questo senso ci sembrano soddisfatte le condizioni che il canadese Fullan ritiene essenziali per la sostenibilità dei processi di innovazione:
a) un chiaro scopo morale.
b) un progetto che parte in una comunità relativamente ristretta allargandosi successivamente fino a coinvolgere una massa critica di attori (una innovazione non può essere proposta inizialmente a tutti).
c) la possibilità di “fare rete” con altri soggetti istituzionali al proprio livello (apprendimento tra pari, dimensione “laterale”) e con altri livelli del sistema (interazione collaborativi verticale)
d) una leadership che garantisca nel percorso una attenta pressione accompagnata da forme di supporto e sostegno ai processi di riflessione e cambiamento interni alle scuole coinvolte. Pressione e sostegno insieme per facilitare i cambiamenti nei comportamenti e nelle opinioni e costruire gradualmente il “senso di controllo dell’innovazione”.
e) sedimentare una “rete condivisa di rappresentazioni comuni” e farle diventare “cultura dell’organizzazione”


BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO

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Baldacci M. “Ripensare il curricolo” – Carocci 2006
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Bruner J. “La cultura dell’educazione” – Feltrinelli 1996
Checchi D. “La disuguaglianza: istruzione e mercato del lavoro” – Laterza 1997
Habermas J. E Taylor C. “Multiculturalismo. Lotte per il riconoscimento“ – Feltrinelli 1999
Landri P. e Queirolo Palmas L. (a cura di) “Scuole in tensione: un’indagine sulle micropolitiche della scuola dell’autonomia” – Franco Angeli 2004
Massa R. “Cambiare la scuola: educare o istruire ?” – Laterza 1997
Mortari L.- “Apprendere dall’esperienza” - Carocci 2003
Nussbaum M. “Giustizia sociale e dignità umana” – Il Mulino 2002
Ribolzi L. “Il sistema ingessato” - La Scuola 2000
Rawls J. “Una teoria della giustizia” – Feltrinelli 1999
Striano M. “Razionalità riflessiva e agire educativo” - Liguori editore
Schon D. “Il professionista riflessivo”. Dedalo 1993
Sen A. “La disuguaglianza. Un riesame critico” – Il Mulino 1994
Sen A. “Lo sviluppo è libertà” Mondatori 2000
Sen A. “Etica ed economia” Laterza 2003
Sen A. “Identità e violenza” Laterza 2006
Tarozzi M. “Cittadinanza interculturale” – La Nuova Italia 2005
Veca S. “La filosofia politica” – Laterza 1998
Veca S. Maffettone S. “L’idea di giustizia da Platone a Rawls” – Laterza 2001
Walzer M. “Ragione e passione. Per una critica del liberalismo” – Feltrinelli 1999
Weick K. “Senso e significato nell’organizzazione” – Cortina 1997
Wenger E. “Comunità di pratica” – Cortina 2006
Ultime modifiche: giovedì, 29 dicembre 2011, 11:08